Afa architetturamente rivoluzionaria....


In questi giorni di caldo afoso, ho avuto più volte modo di fare alcune considerazioni sull'architettura. Infatti, rileggendo tra le varie definizioni, che gli architetti hanno cercato di dare, una su tutte mi ha fatto pensare molto. Adolf Loose da la sua interpretazione con questa frase: Se in un bosco troviamo un tumulo lungo sei piedi e largo tre, disposto con la pala a forma di piramide, ci facciamo seri e qualcosa dice dentro di noi: qui è sepolto un uomo. Oggi L'architettura non può e non deve essere funzionale all'uomo in correlazione al mondo che lo circonda. Non sono un folle! Oggi l'architettura può intervenire e rivoluzionare i rapporti interpersonali (e intrapersonali) abbattendo il sistema capitalistico, distruggendo la città e la metropoli in quanto chiare proiezioni di una società ingabbiata in logiche capitaliste. Progettare e costruire case, giardini, città o metropoli funzionali, oggi, non significa altro che pensare e sviluppare volumi in conformità ed in linea con l'idea capitalista. L'architettura deve essere funzionale ai rapporti e i legami che intercorrono tra le persone. La natura insegna e suggerisce la decostruzione della città in centri più piccoli, più vivibili, più umani. Pensare di rendere energiticamente autonoma una grande metropoli è impossibile, in quanto l'autonomia in tutte le sue forme è sabbia in un ingranaggio capitalista, che prevede il suo cuore la città. Rendere invece energiticamente autonoma una comunità è molto più facile e soprattutto fattibilissimo. Le comuni possono autorganizzarsi e sfuggirte al controllo dello stato che non avrebbe più ragione di esistere. Anche pensare di ritirarsi nelle cosiddette case di paese o di sfuggire dalla città (voglio andare a vivere in campagna...), è indice di come le persone abbiano un naturale rifiuto alla metropoli intesa come proiezione e imposizione del capitalismo. Il processo è in evoluzione e in continuo divenire, è impossibile evitare l'inevitabile, Insorgiamo!

Uff il caldo da alla testa... O forse no

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1984Una giornata piena di spunti, ricca di contenuto e per certi versi densa di emozioni forti, non poteva che generarmi voglia ed entusiasmo nel continuare a cureare il Blog. Non m'importa che è tardi, il tempo non conta, si dilata ed è come se si fermasse. Con questo post apro la sezione Lib(e)ri. Una bacheca virtuale di materiale che può essere stampato o comunque divulgato liberamente. Dopo la bella giornata passata con le compagne ed i compagni più cari ho intenzione d'inaugurare la sezione, con un testo che quasi non ha bisogno di presentazioni.
1984 di G. Orwell. Attuale quanto non mai per noi, esercito del SERT, in balia di una società capitalista che controlla la nostra vita imponendoci anche il modo di amare e di rapportarsi con le persone intorno a noi. Ma bando alle ciance ecco qui il link a 1984 in pdf. anche nelle versioni .lit e .rtf

(A)rchitettura 1.0

architetturaVolevo inaugurare un argomento a me molto caro. La dolorosissima spina dell'architettura intesa nella nostra società. In molti hanno provato a dare una definizione all'arte volumetrica per eccellenza. Da Vitruvio con il trattato "De Architettura" prevedendo che una buona architettura doveva rispettare dei principi base, quali per esempio la necessaria capacità di un'opera di saper dialogare con la natura circostante. Il manuale fu scritto negli anni di Roma imperiale e preso a modello per tutto il rinascimento. Ovviamente ci sono delle lacune inevitabili, dovute all'enorme distanza che ci separa dal testo.

Malgrado ciò, Vitruvio, già aveva intuito che l'integrazione dell'architettura con la natura è una parte fondamentale della difficile arte\scienza. Oggi questa tematica sembra essere dimenticata da tutti quei, cosidetti, grandi architetti. Opere come la Chiesa delle Tre Vele di Mayer, o il progetto di Calatrava per le piscine e la nuova sede del rettorato di Tor Vergata, sono esempi di come l'architettura stia via via diventando un modo di stupire e di assicurarsi un posto tra l'elite dei "grandi Architetti".

L'architettura deve essere sicuramente funzionale ma necessariamente responsabile. Troppo spesso quest'ultima caratteristica viene a mancare o peggio è mascherata dal nome del progettista (una firma secondo le amministrazioni riesce da sola a riqualificare un quartiere...). La responsabilità che un'opera ha nei confronti della società è inimmaginabile. Basti pensare a quei bei palazzoni dei quartieri popolari che massimizzano i nuclei familiari in celle d'abitazione ai limiti delle misure standard della vivibilità, che costringono ad una chiusura forzata le persone che vivono all'interno di questi scatoloni grigi giganteschi. Plasmare un quartiere in questo modo, ha fondamentalmente due scopi. Abbattere i costi di realizzazione per un introito di guadagno massimo e per il fattore repressivo. Circoscrivere una popolazione in un quartiere verticale ammassando le famiglie in questi veri e propri mostri sociali, permette appunto un controllo sulla società, sia in maniera diretta che indiretta. Diretta perchè, comunque guardie, istituzioni ecc. sapranno sempre dove andare a pescare i loro nemici. Indiretta, perchè, uccidendo i legami che possono intercorrere tra le persone, si possono ottenere generazioni di automi che hanno paura l'uno dell'altro, che ignorano il proprio potenziale inteso in maniera condivisa e comune. L'architettura in tutto ciò, è come già detto, responsabile ma di certo può diventare al tempo stesso un mezzo per distruggere certe perversioni dettate dal potere.